A volte la formazione non funziona.

Dopo tante ore dedicate alla programmazione e alla progettazione, dopo aver individuato l’esperto più adatto, dopo aver investito denaro, il corso ha un alto tasso di abbandono, i partecipanti sono frustrati e insoddisfatti, il risultato della formazione è mediocre o sotto le aspettative. La percezione è di aver perso tempo, tanto tempo.

Anche le organizzazioni e chi eroga il corso soffrono per l’insuccesso della formazione.

Se lo scopo della formazione è fare in modo che le persone applichino quanto appreso e collaborino oggettivamente a migliorare i risultati di un’organizzazione, raramente la formazione – aziendale e non – riesce a raggiungere questo obiettivo.

Che cosa causa il fallimento di un’attività formativa?

La formazione non funziona: il nodo della questione

Formazione che non funziona. Il nodo della questioneSpesso la causa del fallimento formativo è legato a una ridotta visione d’insieme, che guarda poco allo sviluppo delle persone che devono “subire” la formazione.

Una prova o forse una semplice constatazione…

I corsi di formazione tecnica, quella che serve alle persone per svolgere la propria attività, hanno solitamente un tasso di successo più alto: lavorano sulla passione, sull’utilità prossima del contenuto e sugli stimoli di partenza e di arrivo. Osservando invece cosa avviene nei percorsi che riguardano lo sviluppo di competenze legate al comportamento o al cambiamento delle abitudini, l’appeal dei corsi non raramente si dimostra debole…

È vero, le persone riconoscono più facilmente la necessità di un corso tecnico, mentre questo non avviene con altri tipi di formazione. Ma cosa portiamo a casa da questo dato?

Esaminando meglio la situazione sopra esposta, possiamo notare che la formazione fallimento fallisce quando sottostima il valore e l’interesse della persona da una parte, e dall’altra l’aderenza alla realtà in cui la persona opera. Nello specifico, la causa del mancato funzionamento è spesso da ricercare nella mancanza di chiarezza e robustezza della motivazione per cui quella formazione deve essere fatta: non genera lo stimolo all’apprendimento o alla crescita o alla necessità di rispondere a un problema. Per un corso tecnico, le persone sanno come sottointeso che quell’attività sarà loro utile: quel corso è loro vicino.

Ed è questo è il nodo.

Lì dove non è possibile cogliere le motivazioni della formazione proposta è necessario mostrare chiaramente cosa c’è dietro l’obbligo o l’invito alla partecipazione a un percorso formativo, qual è la ragione profonda, cosa cambierà. Bisogna quindi lavorare sulle ragioni, fornire esperienze di apprendimento personalizzate, pertinenti e stimolanti.

Ci si aspetta che un’organizzazione conduca prima un’analisi credibile delle competenze dei partecipanti interessati a un corso, o che almeno identifichi le lacune da colmare prima di avviare un percorso formativo, ma non sempre questo accade, anzi…

A volte la formazione è una pura formalità (o se non lo è, viene percepita come tale), legata alla necessità dell’organizzazione, al rispetto di una normativa, alla moda del training del momento, alla necessità di spendere il budget assegnato entro fine anno…

Formazione. A cosa serveChiunque si occupi di formazione deve essere assillato da una sola domanda:A cosa serve?“.

Cosa significa allora “Il corso non funziona”?

Se l’azienda che investe nella formazione ha fatto le cose bene e si è posta le giuste domande prima di inserire il corso nel suo catalogo formativo, il corso porterà al miglioramento delle prestazioni, al cambio dei comportamenti o delle abitudini di cui tutti (azienda e partecipanti) saranno soddisfatti.

Domande chiave e suggerimenti

Come comprendere in anticipo quante possibilità di funzionare avrà un determinato percorso formativo? Mettiamoci davanti allo specchio del formatore, del training manager o dell’esperto della materia del caso, e poniamoci poche semplici domande.

  1. Quale sarà il livello di adesione, impegno, motivazione e connessione del nostro percorso con la formazione dell’azienda?
  2. I partecipanti sentiranno che il percorso è davvero progettato per loro?
  3. Per chi è il percorso che devo realizzare?
  4. Quanto il formato scelto aiuterà le persone a entrare nel contenuto del corso, a sentirlo come proprio?

qualsiasi attività formativa, in aula o on line, interattiva o no, se costruita solo da un sacco di slide che mostrano matrici, modelli e teorie, senza richiami alla pratica, a ciò che poi accade davvero, senza possibilità di condividere l’esperienza, partirà zoppa e finirà strisciando…

Chiediamo alle persone di mettersi in gioco per raggiungere obiettivi per loro davvero raggiungibili, non intrinsecamente criptici, eccessivamente impegnativi o del tutto fuori dal loro controllo. Le persone non potranno migliorare limitandosi a dir loro semplicemente cosa devono fare.

Per dirla in modo semplice, è come se chiedessimo a un bambino di guardare un video su come allacciarsi le scarpe, senza che gli venga data la possibilità di rivedere quel contenuto, di esercitarsi a ripetere quei movimenti.

La possibilità di mettere in pratica, di costruire senza conseguenze o a basso rischio, di lavorare su quanto appreso e di ricevere un feedback è la chiave che apre le porte del successo della formazione. Un corso deve poter permettere di commettere errori, di sperimentare nuovi approcci, anche in modi che è improbabile che si verifichino poi in una situazione reale. In questo caso non sarà mai tempo percepito come perso.

Ma il culmine della sconfitta di qualsiasi attività formativa arriva con il “dopo”, ossia nel momento in cui è richiesta l’applicazione di ciò che è stato apparentemente appreso.

Formazione noiosaNessun partecipante desidera essere lasciato alla deriva, una volta terminato il corso.

L’esito di qualsiasi atto formativo non deve essere “Arrangiati!”. Se può aiutarci a cambiare visione, ogni attività formativa deve essere pensata come se portasse all’apprendimento di un  nuovo linguaggio. Quando impariamo una nuova lingua, abbiamo bisogno di qualcuno o qualcosa che ci aiuti a tradurre, che ci dia modo di valutare oggettivamente e nel tempo il livello di conoscenza che abbiamo acquisito. Per padroneggiare il nuovo idioma senza troppe insicurezze ci servirà soprattutto pratica e un bel carico di stimoli per non mollare nei momenti di difficoltà.

Se la fiducia nella formazione viene meno, viene meno anche il suo valore e il nostro pubblico ha diritto di non sentirsi partecipe.

Evitiamo che un percorso formativo costato tempo e denaro si trasformi solo e semplicemente in una riga del curriculum vitae…

Conclusione

La formazione che non funziona può funzionare. Pochi accorgimenti prima, durante e dopo possono trasformare i risultati da negativi a positivi, aumentando il coinvolgimento delle persone e assicurando che la formazione sia meno percepita come peso.

Una formazione generica, non progettata per uno scopo specifico per le persone che ne fruiranno, può aumentare le conoscenze di chi vi partecipa, ma non la sua capacità di applicarle. Deve avere una forte aderenza con il quotidiano e con l’immediato futuro.

 

Segnalo un’interessante lettura sul tema:

Bunch, Kay. (2007). Training Failure as a Consequence of Organizational Culture. Human Resource Development Review. 6. 142-163. 10.1177/1534484307299273. 

 

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Foto di Monstsera, Szilárd Szabó e di Andrea Piacquadio

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